Prima casa: tutti i benefici tra Fisco ed Equitalia

Dal divieto di pignoramento della prima casa a tutti i bonus fiscali collegati all’imposta di registro, imposta ipotecaria e catastale, Imu, Tasi, interessi passivi sul mutuo ipotecario della banca.
La prima casa non si nega a nessuno, o quasi: secondo gli ultimi dati, più della maggioranza degli italiani possiede un immobile di proprietà. Ma che il mattone abbia perso quella fama dell’investimento perfetto è un fatto innegabile, complici le imposte salate e la difficoltà di sfrattare gli inquilini morosi. Le case, insomma, si acquistano ormai solo per essere vissute direttamente o dai propri familiari. E, almeno in questo, è possibile ottenere una serie di benefici che vanno dagli sgravi fiscali all’impignorabilità. Cerchiamo, qui, di fare il punto della situazione ed elencare tutti i vantaggi che la legge collega alla proprietà della prima casa.

1 | PRIMA CASA: L’ACQUISTO
La prima situazione che viene in rilievo è il momento dell’acquisto. Chi acquista la prima casa ottiene dei bonus fiscali che possono comportare un risparmio di diverse decine di migliaia di euro. Infatti, se l’acquirente dichiara al notaio di non essere proprietario (neppure per quote o in regime di comunione legale), su tutto il territorio nazionale, di immobili già oggetto di beneficio, si ottiene il seguente taglio di imposte:

Acquisti da venditore privato
– l’imposta di registro è solo al 2%
– ad essa vanno aggiunti solo 100 euro tra imposta ipotecaria e catastale.

Acquisti da impresa di costruzioni con IVA
– l’IVA è solo al 4%;
– ad essa vanno aggiunti solo 100 euro tra imposta ipotecaria e catastale.
Per usufruire del bonus in questione, non è necessario avere la residenza nell’abitazione acquistata, ma bisogna impegnarsi a trasferirvisi entro 18 mesi e a non rivendere l’immobile per i successivi 5 anni.

2 | PRIMA CASA: LE IMPOSTE

Dopo l’acquisto, arriva il momento di fare i conti col fisco annuale e, quindi, di pagare le imposte sulla casa.

Imu
Al momento, l’Imu sulla prima casa non è dovuta salvo si tratti di immobile di lusso. In realtà, la normativa non parla di “prima casa”, ma di “abitazione principale”. La differenza è sottile, ma fondamentale. Difatti per ottenere l’esenzione integrale dall’IMU, è necessario il requisito della residenza, che dovrà risultare dai registri anagrafici comunali. L’abitazione principale è quella in cui sussistono contemporaneamente i seguenti tre presupposti:
– proprietà (o titolarità di altro diritto reale),
– residenza anagrafica
– residenza effettiva ossia il domicilio.

Quindi non è possibile ottenere lo sgravio fiscale se la casa si dà in affitto (a meno che non si tratti di affitto di una sola camera).
Mettiamo il caso in cui l’appartamento sia locato ma il proprietario conservi lì la residenza (ma non il domicilio), e risulti sempre prima casa in quanto egli non ha altri immobili a lui intestati. In tal caso non scatta l’esenzione sull’Imu. Infatti, affinché l’immobile inciso dal tributo Imu (ma il discorso è analogo per Tasi) possa godere dell’esenzione prevista per la residenza principale devono sussistere contemporaneamente i requisiti di proprietà (o titolarità di altro diritto reale), residenza anagrafica e domicilio abituale del contribuente. Nel caso in cui venga a mancare uno dei citati requisiti l’immobile in parola non può più essere considerato residenza principale.

In sintesi, l’Imu non deve essere versata sulla prima casa solo se non si tratti di un’abitazione di lusso, vi sia già stata trasferita la residenza e che coesista anche il domicilio abituale.

Tasi e Tari
Bisogna invece pagare, sull’abitazione principale, la Tasi e Tari.

3 | PRIMA CASA: LE DETRAZIONI DEL MUTUO SULL’IRPEF
Sempre legate alla prima casa ci sono le detrazioni Irpef sugli interessi passivi del mutuo che l’acquirente paga alla banca. In pratica, un piccolo aiuto a chi è indebitato per comprare l’abitazione principale viene dal Fisco, che consente di recuperare, in termini di sgravi dall’Irpef, una parte degli interessi pagati alla banca. È infatti detraibile dall’Irpef il 19% degli interessi passivi e oneri accessori corrisposti a fronte di mutui ipotecari: il tutto entro un limite massimo di detrazione pari a 4mila euro.

Sono detraibili solo gli interessi derivanti dal tipico contratto di mutuo, così come disciplinato dal codice civile, purché assistito da ipoteca. Non è richiesto che il fabbricato ipotecato sia lo stesso da acquistare: quindi può appartenere anche a un altro soggetto.

Sono esclusi dall’agevolazione gli interessi pagati per altre forme di finanziamento quali l’apertura di credito bancario, la cessione dello stipendio, lo scoperto di conto corrente, anche se queste formule sono garantite da ipoteca su immobili.

La detrazione spetta per le rate effettivamente pagate nell’anno di imposta della dichiarazione: non conta la scadenza, contra il criterio di cassa [1].

Sono detraibili anche gli oneri accessori. In tale voce sono compresi: la commissione dovuta alla banca per la sua attività di intermediazione, gli oneri fiscali (compresa l’imposta per l’iscrizione o la cancellazione di ipoteca); le eventuali penalità per anticipata estinzione del mutuo; le spese di istruttoria, quelle notarili, per la perizia tecnica, ecc.

In caso di mutuo cointestato a due coniugi, il partner con redditi può detrarre anche la quota parte di interessi non sfruttata dall’altra perché priva di redditi o a carico, a condizione che non si superi il tetto previsto dei 4mila euro. In pratica, il marito può scontare anche gli interessi di competenza della moglie casalinga a carico, a prescindere dalla data in cui è stato stipulato il mutuo.

Il diritto a godere della detrazione decade dal periodo di imposta successivo a quello in cui il contribuente non utilizza più l’immobile come propria abitazione principale, a meno che la variazione non sia conseguente a trasferimento per motivi di lavoro.

Separazione e divorzio
La separazione legale ed effettiva, lo scioglimento o l’annullamento del matrimonio o la cessazione dei suoi effetti civili bloccano la detrazione. In caso di divorzio, il coniuge che trasferisce la propria dimora abituale può continuare a fruire della detrazione, per la quota spettante, se l’immobile acquistato resta dimora abituale dei suoi familiari, ad esempio i figli. In tal caso, naturalmente, l’ex coniuge non viene considerato familiare. Il coniuge che continua ad adibire l’immobile a propria abitazione principale ha diritto di fruire della detrazione per la propria quota interessi, nel limite dell’importo massimo di 2.000,00 euro.

Acquisti successivi
La detrazione compete anche se il mutuo viene stipulato per acquistare un’ulteriore quota di proprietà dell’unità immobiliare. Niente sconti, invece se il prestito viene stipulato autonomamente per comprare una pertinenza dell’abitazione principale.

Nudo proprietario
All’agevolazione ha diritto anche il nudo proprietario (cioè il proprietario dell’immobile gravato da usufrutto in favore di un’altra persona), sempre che ricorrano tutte le condizioni richieste

Immobile affittato
È possibile beneficiare della detrazione anche se l’immobile è in affitto. In questo caso, però, è necessario notificare, entro tre mesi, al conduttore l’atto di intimazione di licenza o di sfratto per finita locazione. Entro un anno dal rilascio, inoltre, l’immobile deve essere adibito ad abitazione principale.

Ristrutturazioni
La detrazione degli interessi passivi compete anche nel caso in cui il fabbricato acquistato debba essere assoggettato a lavori di ristrutturazione. Lo sconto parte dal momento in cui l’unità immobiliare viene adibita a dimora abituale e questo deve verificarsi entro due anni dall’acquisto. Qualora non sia possibile fissare la dimora abituale presso l’immobile, per cause imputabili al Comune che non provvede in tempo utile al rilascio delle abilitazioni amministrative richieste, non viene meno il diritto all’agevolazione.

4 | PRIMA CASA: IL PIGNORAMENTO
Chi ha una sola casa di proprietà e vi risiede, non potrà subire il pignoramento immobiliare di Equitalia. Tale norma – introdotta con il decreto del Fare nell’estate del 2013 e che si applica anche in via retroattiva a tutte le esecuzioni forzate iniziate prima della riforma – vale solo nel caso di riscossione esattoriale (ossia per tributi statali). Pertanto non si applica se il creditore procedente è una banca o un altro privato.

Il divieto in questione riguarda solo il pignoramento, ma non anche l’iscrizione di ipoteca che, invece, è possibile anche sulla prima casa a condizione che il debito complessivo sia superiore a 20mila euro. In pratica Equitalia ben potrà iscrivere ipoteca sulla prima casa, ma non potrà poi procedere in via esecutiva mettendo l’immobile all’asta. L’ipoteca allora costituisce, in questo caso, solo una forma di coercizione psicologica.

[1] Con questa eccezione (v. Ag. Entrate circolare n. 19/E): se un contribuente, in occasione dell’acquisto di un alloggio da adibire ad abitazione principale, ha costituito deposito presso il notaio, sul finire del 2014, per somme dovute per onorario relativo all’atto di stipula del mutuo o altre spese concesse e la fattura gli è stata rilasciata entro 60 giorni ma nel 2015, gli importi per i quali compete la detrazione possono essere detratti nella dichiarazione dei redditi relativa al 2014, da presentarsi nel 2015.

Fonte: La legge per tutti