Ag. Entrate: sanzioni illegittime sul terzo del tributo in caso di ricorso
Secondo il Garante del Contribuente potrebbe essere illegittima la richiesta di pagamento delle sanzioni che l’Agenzia delle Entrate iscrive a ruolo tutte le volte in cui il contribuente, avendo fatto ricorso contro l’accertamento fiscale, non paghi subito 1/3 dell’imposta dovuta. Per comprendere, in poche e semplici parole di cosa si tratta, facciamo un passo indietro.
Ogni volta che, a seguito di un accertamento fiscale, il contribuente intende fare ricorso contro l’Agenzia delle Entrate, è tenuto a pagare subito (nonostante il ricorso stesso) un terzo (1/3) dell’imposta accertata, oltre agli interessi. È vero, di norma, che in presenza di una causa e di una contestazione, prima il giudice accerta “se” la somma è davvero dovuta e poi, all’esito, “chi perde paga”. Ma non funziona così nell’ambito tributario dove il maggior interesse pubblico alla riscossione prevale sulle esigenze di garanzia del contribuente. Per cui, anche se il contribuente presenta ricorso contro un accertamento, deve pagare subito un terzo dell’imposta che vuol contestare e poi la sentenza finale deciderà se questi deve pagare anche gli altri due terzi oppure se ha diritto alla restituzione di quanto anticipato.
Qui però sta l’inghippo: se il contribuente non paga questo “terzo” del tributo con gli interessi, l’Agenzia delle entrate invia tutto a Equitalia che procede alla riscossione. Ma il fisco anziché riscuotere (come detto) il terzo del tributo non pagato con gli interessi, chiede su di esso anche le sanzioni: e ciò nonostante la legge non dica nulla a riguardo [1]. Sanzioni che non sono da poco, perché ammontano al 30% dell’imposta (che, in questo caso, come detto, è 1/3 di quella accertata e su cui è stato presentato ricorso).
Sembra, però, che questo comportamento sia illegittimo. E a dirlo non sono solo i giudici [2], ma anche lo stesso Garante del Contribuente, sezione Calabria, con un comunicato dello scorso 22 luglio. Secondo l’Autorità (che ha richiamato le doglianze di un contribuente) la norma che impone il pagamento del terzo del tributo accertato, anche in costanza di ricorso, è una norma straordinaria, a cui non si possono applicare quelle relative alle sanzioni da omesso versamento delle imposte. La legge, allora, va applicata alla lettera: e poiché da nessuna parte è scritto che al ricorrente vadano addossate anche le sanzioni, allora la cartella di Equitalia è nulla per tale parte.
Nel comunicato il Garante del Contribuente conclude richiamando sia la Direzione Provinciale che la Direzione Regionale dell’Agenzia delle Entrate ad un’ulteriore riflessione, trattandosi di questione di principio mai affrontata dallo stesso Garante.
Non pagare a volte è una necessità (se si vuole rateizzare 1/3 delle imposte accertate).
Il problema si inserisce, peraltro, all’interno di una problematica assai pregiudizievole per il contribuente. Quest’ultimo, infatti, quand’anche volesse pagare questo famoso “terzo” del tributo contestato, dovrebbe farlo tutto e subito, perché non sono previste rateazioni con l’Agenzia delle Entrate (mentre questa rateazione è prevista con Equitalia) . Il che diventa davvero oneroso in presenza di accertamenti che, a volte, sono di diversi milioni di euro.
Che fare allora? Non pagare diventa l’unico sistema per far intervenire Equitalia, con l’avvio della riscossione delle somme, e a quest’ultima chiedere la rateazione. Ma se si inseriscono anche le sanzioni, il peso diventa esorbitante. Insomma, al contribuente che vuol pagare si scarica la colpa del fatto che non esista una norma che consenta la rateazione del “terzo” davanti all’Agenzia delle Entrate.
Con buona pace del principio di collaborazione tra fisco e contribuente.
[1] Art. 68, comma 1, del D.Lgs. 546/1992.
[2] CTP Reggio Emilia, sent. n. 151 del 26.06.2013.
Fonte: La Legge per tutti